“La crociata dei bambini”. Artisti per il disarmo. Le accorate grida dell’Arte e degli artisti contro la guerra. Intervista a Roberto Gramiccia

Roberto Gramiccia

La crociata dei bambini. Artisti per il disarmo

Le accorate grida dell’Arte e degli artisti contro la guerra

Intervista a Roberto Gramiccia

a cura di Luca Carbonara

 

In un presente e in un mondo sempre più scossi e pervasi da impetuosi venti di guerra sembra, a dispetto di ogni buon proposito, che la cifra dominante sia quella della violenza, quel fatale e oscuro morbo che, dalla sua comparsa sulla Terra, affligge l’animo dell’uomo che continua pedissequo a praticarla in tutte le sue più efferate declinazioni. Perché l’uomo postmoderno, capace di progettare missioni prima sulla Luna poi su Marte, non ha ancora imparato a vivere in Pace?

La violenza è da sempre figlia da un lato della hobbessiana natura dell’uomo (homo homini lupus) e dall’altro di interessi contrapposti di classi, stati o alleanze di stati (Nato); a partire dalla caduta del muro di Berlino il motore principale di questa violenza è stato rappresentato dalla volontà degli Stati Uniti di diventare il gendarme del mondo, senza che l’Europa abbia saputo fare alcunchè per temperare tale volontà di dominio.

Dove e perché nasce l’impulso alla violenza? C’è un drammatico problema, prima ancora che relazionale, identitario nell’essere umano, di rapporto cioè e di definizione della propria identità sempre più labile, indistinta, indefinibile e dipendente da altro e da altri?

La violenza dell’uomo è una risposta naturale all’angoscia dell’esistere (per la morte), al thauma, come lo chiamava Aristotele. O, in altre parole e da un’altra angolazione, può essere considerata come la reazione alla consapevolezza della “carenza” dell’uomo rispetto alla esperienza dell’esistere (Gehlen). Per quanto riguarda l’identità, ciò che è venuto a prevalere è l’interesse omologante di un tecnocapitalismo globalizzato senza più antagonisti, a discapito di qualsiasi identità “altra”.

Che cosa significa oggi essere persone libere? Il Vecchio Occidente, tanto blasonato, considerato la punta più avanzata in termini sia culturali che sociali, di conquista, affermazione e difesa dei diritti della persona, culla di civiltà, dei Greci prima e dei Latini poi, dell’Umanesimo, del Rinascimento, della Rivoluzione Francese ma anche atroce teatro dei due più spaventosi conflitti mondiali della Storia, mostra oggi, come non mai, tutti i suoi limiti e contraddizioni. In un contesto come quello attuale della globalizzazione, in cui proprio i diritti e i principi di uguaglianza sono in discussione e in pericolo con inaccettabili sperequazioni e, ancora, pericolose manifestazioni di intolleranza, discriminazione e violenza, frutto di questioni mai risolte e conseguenze degli stessi conflitti con rivendicazioni, revanscismi e nuovi nazionalismi, l’Europa, l’eterna incompiuta, sembra aver irrimediabilmente tradito se stessa. La conseguenza è che la guerra, i cui focolai sono disseminati su tutto il pianeta, è tornata ad essere anche in Europa lo strumento di risoluzione dei conflitti tra i popoli. È del tutto evidente l’irreversibilità della crisi di quello che è un capitalismo sempre più estremo. Perché non è stato ancora possibile porre fine a quello “scandalo che dura da diecimila anni”?

Lo scandalo è figlio in parte della natura dell’uomo, della sua strutturale inadeguatezza (fragilità) e, in parte maggiore, della natura stessa dell’attuale sistema economico dominante che ritrova nella guerra la modalità principe per uscire dalle sue crisi cicliche.

Lei è scrittore, medico e critico d’arte: sembra incarnare un compendio tra la scrittura, la scienza e la ricerca dell’armonia e della Bellezza. Qual è l’origine di quell’invisibile filo che sottende in lei una tale insopprimibile tensione emotiva e spirituale oltre che etica animandola di tanta inesauribile capacità ed energia creativa?

La ringrazio di tanta e qualificata considerazione. Direi che la principale ragione che mi spinge è la necessità di recuperare un interesse per l'”intero”. Per una dimensione, cioè che, nella separazione fra medicina scienza bellezza arte e politica, non riconosca un valore ma, piuttosto, l’approssimarsi di una sciagura. Il resto è figlio di un naturale, temperato narcisismo dal quale non credo di essere indenne.

Nella sua ecletticità e poliedricità d’ispirazione morale, etica e ideale è riuscito a farsi ispiratore e promotore di una nobilissima iniziativa: la mostra “La crociata dei bambini. Artisti per il disarmo”, che vede coinvolti le istituzioni (il VII Municipio di Roma), l’ANPI, associazione benemerita, nelle figure dei suoi più autorevoli rappresentanti, e decine di artisti, in cui si vanno significativamente a coagulare la scrittura, la musica, la poesia e la pittura. Vale a dire il poema di Bertold Brecht, da cui prende nobile ispirazione il titolo della mostra, l’omonima bellissima e intensa canzone di Vinicio Capossela, il linguaggio figurativo dei trentacinque pittori che hanno aderito all’iniziativa. Se ormai da troppo tempo è diventato assordante il silenzio degli intellettuali (ma esistono ancora?), possono davvero gli artisti con la loro sensibilità e le loro opere scuotere e risvegliare le coscienze assopite? Che cosa è in grado di smuovere la visione di un’opera d’arte e non crede che ci sarebbe bisogno anche di un’educazione alla visione?

Gli artisti possono fare molto. Potenzialmente gli artisti possono fare tutto. Se è vero che alcune rivoluzioni (non solo estetiche) sono state delle vere e proprie opere d’arte. La capacità di vedere e riconoscere un’opera d’arte è un dono della natura. Non vi è dubbio, tuttavia, che possa esistere un “apprendistato alla visione”, alla valutazione del bello e del buono. Questo è il compito della scuola che non dovrebbe insegnare le declinazioni dello spirito aziendale ma quelle del buon pensare, del buon  agire, del buon dire e del saper distinguere il bello dal brutto, il vero dal falso. In questo senso la mostra di cui parliamo ha anche un indubbio valore pedagogico. Colgo l’occasione per ringraziare uno per uno gli artisti che hanno partecipato a questa avventura e, naturalmente, l’ANPI nazionale e il Settimo Municipio di Roma. Senza di loro questa “Crociata” non sarebbe mai partita.

Un segno di gratitudine, oltre che a tutti coloro che hanno aderito a questa nobile iniziativa, va rivolto proprio a lei che ha saputo cogliere la gravità del vulnus inferto dai nuovi vecchi conflitti che insanguinano il mondo: quell’innocenza, incarnata in primis dai più piccoli, le prime vere vittime di ogni guerra, che rappresenta insieme l’essenza del nostro essere umani e la più alta visione per il nostro spirito e la nostra sensibilità. Calpestare l’innocenza significa offendere e rinnegare la dignità e il senso stesso del nostro essere donne e uomini. È quello che sta drammaticamente accadendo in Ucraina, nella striscia di Gaza, dove all’orrore viene contrapposto altro orrore, e in altre decine di teatri di guerra nel mondo. Avete pensato di coordinarvi con altri artisti nel mondo per rendere globale e inarrestabile questa crociata dei bambini, l’unica ammissibile, e provare perché no, a mandare il vostro messaggio all’ONU, l’unico organismo deputato a operare per la pace e il disarmo nel mondo anche se a tutt’oggi prigioniero di quello stesso potere causa di tutti i mali?

La ringrazio del suggerimento che è prezioso. Forse non ci abbiamo pensato per l’incombente consapevolezza dei nostri limiti. Ma questo è sbagliato perché per una giusta causa – come quella della pace – si può, anzi si deve essere spericolati, sfacciati, insolenti.

 

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