Viaggio nei misteriosi e oscuri meandri della mente. Intervista a Pier Luigi Luisi

Viaggio nei misteriosi e oscuri meandri della mente

Intervista a Pier Luigi Luisi

a cura di Luca Carbonara

Lei è un uomo di scienza, un chimico, abituato da sempre al rigore del ragionamento scientifico, all’applicazione del suo metodo, allo studio e alla comparazione dei dati, all’analisi della struttura atomica della materia e delle forze che la governano come allo scandaglio degli elementi che la compongono. Ma se da un lato è legato, anche giocoforza, a una visione meccanicistica della realtà fisica e naturale e delle leggi che le regolano, la sua produzione letteraria e artistica rivela come la mente rappresenti il centro nevralgico dei suoi studi e interessi. Che cosa è e che cosa rappresenta per lei la mente e come ha imparato a interpretarla e a interagire con essa?

Non sono legato affatto ad una visione meccanicistica della vita, anche se nei miei anni lontani di gioventù ho lavorato sperimentalmente sulla origine della stessa. La spiritualità in particolare non può essere esclusa dal gioco, perchè è parte della vita. Io e il mio gruppo di amici scienziati insistiamo sul concetto di visione sistemica (si veda anche il mio libro con Fritjof Capra, Vita e natura, pubblicato da Aboca), ovvero su una integrazione tra le varie discipline. Guai a isolare una disciplina dall’altra: vederne solo una alla volta vuol dire perdere la visione d’insieme.

Il suo romanzo I lampi tranquilli della mente edito da FuoriStampa.it che appare a tutti gli effetti come una sorta di opera cardine, architrave della sua stessa produzione, polisemantica, summa del suo pensiero e delle sue “visioni”, disegna la parabola esistenziale di Marcel, l’irrequieto scienziato protagonista alle prese con le sue ricerche scientifiche focalizzate sulla genesi, proprio nella mente, delle “immagini asignificative”, immagini cioè che non hanno nulla a che vedere con ciò che sta accadendo nel momento in cui compaiono. La possibilità di riprodurre la rete neuronale sullo schermo di un computer sembra convincere lui e il suo gruppo di ricerca della possibilità di interpretarle e classificarle attraverso il loro esame statistico e dunque per il tramite di un approccio e di un’impostazione razionale e scientifica. Ma le successive scoperte come quelle relative al linguaggio del corpo, alla sua memoria, mineranno le sue convinzioni orientandolo verso una conoscenza “altra”. Come è nato in lei questo singolare interesse e di che cosa sono sintomo in ultima analisi queste immagini?

Il nodo principale del libro è il dubbio che si è oramai inserito nella mente di Marcel, un dubbio esistenziale sul suo stesso credo (si pensi, ad esempio, ai colloqui con il vecchio). La vita, scopre Marcel, è molto di più delle immagini asignificative, ma se ne accorge quando è oramai troppo tardi, e forse quando ha perduto tutto. Ma nel libro rimane il dubbio del lieto fine.

Numerose sono le questioni e le tematiche poste sul tappeto dall’efficace e coinvolgente sviluppo narrativo di questa storia che sembra declinarsi stlisticamente a flusso di coscienza. La perenne inquietudine del protagonista sempre alla ricerca di una stabilità affettiva, tormentato com’è periodicamente da un nodo alla gola, una ricerca spasmodica che sembra risolversi per poi ricominciare. La questione del Tempo, della sua inafferrabilità e fugacità, “è sempre più tardi di quel che pensi”, il passato che ritorna perché irrisolto, Il Buddismo con la sua necessità di un pensare e di un sentire consapevoli, la via salvifica della meditazione. E le immagini più o meno nitide soprattutto di volti che ritornano e alla cui ineluttabile visione il protagonista decide di abbandonarsi e adattarsi. In che rapporto è la mente con la coscienza e con il sentimento?

Questa è una domanda troppo complessa per essere discussa in due frasi. La coscienza viene prima di tutto – come mostra, a questo proposito, il nuovo libro di Federico Faggin Irriducibile, pubblicato da Mondadori (in soli sei mesi ha venduto 47mila copie). La mente è qualcosa di diverso, mentre coscienza e feeling, sentimenti o qualia, sono affini.

Crede in una visione antroposofica dell’esistenza, alla presenza cioè di un mondo spirituale che si può osservare e comprendere tramite un’osservazione animica, attraverso il metodo delle scienze naturali?

L’importante è non fare distinzioni tra i diversi mondi: ce n’è uno solo e forse – si veda ancora Faggin – è quello basato sulla coscienza, il mondo interno (quello eterno è il prodotto della mente).

Le visioni tipiche del pensiero magico che accadono nella vita di tutti i giorni richiamano il concetto di sincronicità e l’archetipo dell’inconscio collettivo. Quanto è importante e come è possibile conoscere e accedere a quel sapere assoluto costituito da un inconscio collettivo così ricco di archetipi?

Secondo molti, ci si arriva solo attraverso esperienze trascendenti, come la meditazione e le mezze illuminazioni.

Riuscirà Marcel, come sembra a tutti gli effetti al termine della sua ennesima ricerca, a trovare la sua pace interiore e l’amore?

Come dicevo, c’è la possibilità di un lieto fine. Questo è sempre possibile, ed è il bello della vita.

Quali sono i suoi programmi futuri?

Sto ancora abbastanza male a causa di troppi vaccini, e banalmente nel mio immediato futuro c’è il desiderio di tornare normalmente sano. E dico non poco.

 

 

 

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“Italia metafisica”: George Tatge e la sua Italia poetica al CIAC di Foligno | Dal 28 luglio

MOSTRA FOTOGRAFICA

Foligno, Centro Italiano Arte Contemporanea (CIAC)

28 luglio – 8 ottobre 2023

Inaugurazione: 27 luglio 2023, ore 18

In mostra sessantasei immagini in bianco e nero del fotografo George Tatge. Segni, simboli e geometrie sacre, ispirate dall’Italia “costruita”, marcata e modificata dall’intervento umano. Una lettura in chiave metafisica del reale, dove Tatge ha trovato, sia nei luoghi che nei non luoghi, spunti di fascino per un “altrove”. Non solo architettura, ma anche edifici minori e manufatti che l’uomo lascia dietro di sé, per capire un mondo in rapida evoluzione.

Tra i luoghi fotografati, anche scatti inediti della città di Foligno.

Nuova tappa per la mostra fotografica “Italia metafisica”, che porta in luce le tracce che l’uomo genera e produce, talvolta abbandona. Il Centro Italiano Arte Contemporanea (CIAC) di Foligno ospita dal 28 luglio all’8 ottobre 2023 gli scatti del fotografo George Tatge. In mostra 66 immagini in bianco e nero: una mostra di segni, simboli e geometrie sacre, ispirate dall’Italia “costruita”, marcata e modificata dall’intervento umano. Non solo architettura, ma anche edifici minori e manufatti di ogni tipo che l’uomo lascia dietro di sé. Metafore e misteri dell’abitare temporaneo nei luoghi, e dell’inevitabile passaggio oltre. Una sezione è dedicata a Foligno, con scatti fotografici originali realizzati da Tatge per l’occasione, che raccontano il mistero, l’enigma del nostro vivere e la convivenza del passato con il presente.

La mostra è organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, con la curatela del direttore artistico Italo Tomassoni e la produzione di Maggioli Cultura.

L’inaugurazione della mostra è in programma giovedì 27 luglio, alle ore 18.

Dopo la mostra Presenze-paesaggi italiani del 2008 e dedicata alle trasformazioni del paesaggio italiano, George Tatge propone una nuova serie di fotografie, anche questa volta scattate in giro per l’Italia. Il rapporto tra natura e uomo lascia il posto a un solo protagonista, l’uomo, e ai suoi interventi sul territorio, con tutti i significati sociali, industriali e religiosi che comportano. Che si tratti di rigorose costruzioni di epoca romana o di anonimi condomini nelle periferie urbane, di imponenti chiese rinascimentali o di desolanti fabbriche dismesse, Tatge vede fondamentalmente una traccia, un’impronta profonda, talvolta nascosta. Ecco allora frammenti di realtà, giustapposizioni bizzarre e surreali, aperte, grazie all’ambiguità del contenuto, all’interpretazione di chi guarda. Alcuni spazi ritratti possono ricordare le visioni dei pittori che hanno lavorato nel primo Novecento, ma in questo lavoro il termine Metafisico sottolinea l’utilizzo di un luogo fisico per esprimere un concetto astratto o un particolare stato d’animo. L’attenzione dei Surrealisti per i simboli, per l’inconscio e per la complessità della psiche si incontra anche in altre immagini di Tatge. La sua poetica dello sguardo pone poesia e fotografia sullo stesso piano, in quanto entrambe arti del frammento.

George Tatge sulla sezione dedicata alla città di Foligno: “Ciò che mi ha colpito è quanto la città si sia rinnovata in questi ultimi quarant’anni. Ma qui non troverete immagini che ritraggono queste migliorie. Ho preferito concentrarmi sugli angoli della città che esprimono qualcos’altro. Come nel caso stesso del CIAC, che affianca felicemente palazzi dei secoli passati. Quindi statue, nicchie (forse fontane?), ex-cinema, fabbriche dismesse, luoghi che ci parlano ancora nel loro silenzio. I lunghi rami di un’edera che durante i decenni si è lentamente impossessata di un recinto metallico, abbracciandolo tutt’ora nonostante sia ormai morta. O l’interno di un platano trovato nel Parco dei Canapé, un mondo oscuro formatosi chissà nel corso di quante stagioni, abitato da chissà quante creature? Quali visi ci appaiono dalle pareti, quali forme si celano sotto la melma liquida? Un universo nascosto in mezzo ad un parco cittadino, che ci invita a perderci nel suo interno. La fotografia come metafora. È questa la mia passione”. 

Nato da madre italiana, Tatge ha scelto oltre 45 anni fa di vivere in Italia e di dedicarsi alla scoperta di questa terra affascinante e complessa. Immagini scattate dalla Valle d’Aosta alla Sicilia con la  leggendaria Deardorff, una macchina a soffietto da cui si ottengono negativi in bianco e nero di grande formato (13×18 cm), e stampate personalmente dall’autore in camera oscura.

Una modalità fotografica lenta e meditativa per capire un mondo in rapida trasformazione e per produrre immagini che ispirino ai visitatori uno sguardo lungo e approfondito.

Il direttore artistico Italo Tomassoni: George Tatge si colloca in un’area poetica che, se anche non è né vuole essere quella della fotografia creativa, perpetua un’idea di fotografia apportatrice di un linguaggio autonomo e autosufficiente nel quale l’apporto di interpretazione del reale, congiunto all’azione dell’immaginario, conciliano, nel corpo dell’opera, la dualità tra effimero ed eterno. Più esattamente, l’effimero del tempo fotografico è tale da riprodurre e fissare una sospensione temporale che inevitabilmente si intreccia ogni volta con l’eternità del tempo dell’arte.

È su questa sospensione che si inscrive come saldatura il corpus degli scatti cui Tatge ha attribuito il titolo di “Italia Metafisica” e che, unitamente a un penetrante omaggio alla città di Foligno, interpretata con accenti incantati di pura e sorprendente poesia, costituisce il tema monografico sul quale si imbastisce la trama di questa mostra. Figure palesemente intellegibili, documentali, ordinate, legate al tempo dello scatto ma anche al tempo della storia, della memoria e dell’immaginario e che, soprattutto, lasciano intuire un mistero che è il mistero che si cela dietro o sotto il visibile e che è il segreto che vive sempre all’interno dell’opera d’arte.

Un’ultima annotazione. L’idea di una lettura in chiave metafisica del reale poteva essere suggerita alla fantasia di Tatge solo da luoghi italiani. Non solo perché è qui che, nel 1913, è nata la pittura metafisica (alla quale, peraltro, Tatge linguisticamente non si ispira) ma perché solo l’Italia può ancora fornire, malgrado tutto, e sia nei luoghi che nei non luoghi, spunti di fascino per un “altrove” capace di rimuovere l’anoressia di quella indifferenza fatale che la modernità sta incrementando ogni giorno”.

George Tatge – biografia

George Tatge è nato a Istanbul nel 1951 da madre italiana e padre americano. Ha trascorso l’adolescenza tra l’Europa ed il Medio Oriente prima di trasferirsi negli Stati Uniti. Laureato in letteratura inglese, incominciò a studiare la fotografia con l’ungherese Michael Simon. Si trasferì in Italia nel 1973, lavorando prima a Roma come giornalista e quindi a Todi, dove ha scelto di vivere per dodici anni, scrivendo per Art Forum e altri, e portando avanti le sue ricerche fotografiche. La sua prima mostra in Italia è stata alla Galleria Il Diaframma di Milano nel 1973. Il primo libro, “Perugia terra vecchia terra nuova”, uscì nel 1981.

Da allora ha presentato mostre in America ed in Europa e le sue opere fanno parte di collezioni tra cui quella del Metropolitan Museum di New York, del George Eastman House di Rochester, del Houston Museum of Fine Arts, del Centre Canadien d’ArchItecture a Montreal, del Helmut Gernsheim Collection a Mannheim e della Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Dal 1986 a 2003 è stato dirigente tecnico-fotografico della Fratelli Alinari di Firenze. Tra le mostre più importanti: The American Academy a Roma nel 1981 (solo), il MASP di Sao Paulo, Brasile nel 1988 (solo), la Biennale di Venezia nel 1995, il Museo Peggy Guggenheim di Venezia nel 2005, il Reiss-Engelhorn Museum a Mannheim nel 2003, The George Eastman House a Rochester nel 2004, e il MAXXI di Roma nel 2007. La sua mostra personale “Presenze—Paesaggi italiani” aprì a Villa Bardini di Firenze nel 2008 e ha viaggiato in altre cinque città. Nel 2010 è stato assegnato il Premio Friuli Venezia Giulia per la Fotografia. Era tra i 35 fotografi stranieri scelti per la mostra sull’Italia a Palazzo della Ragione di Milano nel 2015, intitolata “Henri Cartier-Bresson e gli altri”.

La sua mostra “Italia metafisica” ha aperto a Firenze nel 2015 prima di girare l’Italia. Il catalogo, edito da Contrasto, ha vinto un premio IPA della Lucie Foundation di N.Y. nel 2015 e il Premio Ernest Hemingway 2016 di Lignano Sabbiadoro. Nel 2019 ha avuto due grandi mostre personali, “Luci di Livorno” al Museo della Città di Livorno e “Il Colore del Caso”, a Palazzo Fabroni di Pistoia, le sue prime mostre di immagini a colori. Nel 2021 la Città di Todi ha organizzato due mostre sue, “Enigmi” e “Gli occhi della città”, una serie di ritratti dei tuderti di ieri e oggi.

La maggioranza delle sue immagini sono fatte con un banco ottico 13×18 cm Deardorff. Vive a Firenze.

COORDINATE MOSTRA

Titolo: “Italia metafisica”

Sede: CIAC (Centro Italiano Arte Contemporanea), Via del Campanile 13, Foligno (Pg)

Data: 28 luglio – 8 ottobre 2023

Orari di apertura: dal giovedì alla domenica 10.30-13 / 15.30-19

Biglietto: Intero € 7,00; Ridotto A € 5,00 (gruppi con più di 15 unità, convenzionati Soci FAI e Soci Touring Club Italiano); Ridotto B € 3,00 (bambini da 7 a 18 anni); Gratuito bambini fino a 6 anni, guide turistiche, giornalisti, portatori di handicap e loro accompagnatori.

Il biglietto comprende la visita alla collezione permanente al CIAC della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno e all’Ex Chiesa della Santissima Trinità, spazio espositivo permanente dell’opera “Calamita Cosmica” di Gino De Dominicis.

Contatti: tel. 366.6635287; e-mail: info@ciacfoligno.it

www.ciacfoligno.it

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Elba book Festival: dal 18 al 21 luglio, le mappe culturali della nona edizione

18/21 LUGLIO 2023 – IX EDIZIONE

La lettura oltre l’intrattenimento, uno strumento per comprendere il mondo liberamente: sulle spiagge del Tirreno al via Elba Book Festival

La nona edizione di Elba Book Festival intende spronare gli editori indipendenti a confrontarsi sul futuro dei libri e traccia nuove rotte mentali che non temano i cambiamenti. Da martedì 18 a venerdì 21 luglio, tra vicoli e piazzette a strapiombo sul Tirreno, il borgo di Rio nell’Elba ospiterà il momento di confronto estivo della piccola e media editoria italiana. Quella lontana dai monopoli, ma vicina ai lettori. Il tema di quest’anno – condiviso con le altre manifestazioni della Rete Pym per la difesa della bibliodiversità – è “Mappe”. Le mappe sono di varie tipologie, ma in tutte è possibile trovare relazioni e connessioni: spiegano, uniscono, concorrono a creare una comunità. Una narrazione legata alla collettività contiene al suo interno senso civico e impegno collettivo, ma anche storie personali che si intrecciano le une alle altre, come al tempo e al territorio in cui ci si trova a vivere, arricchendo il contesto di percorsi unici e irripetibili. Non a caso, sono una ventina gli editori che hanno sposato la visione dell’iniziativa toscana, così Odoya, La Vita Felice, Exòrma, Marcos y Marcos e Wom, per citarne alcuni.

Nel denso programma, è prevista una serie di tavole rotonde tematiche, composte da editori, giornalisti, scrittori e operatori di cultura e spettacolo: “Le mappe tra arte e letteratura” con Tomaso Montanari e Pietro Cataldi; “Le mappe della contestazione” con Lola Larra vis a vis con gli studenti dell’Isis “Raffaello Foresi” di Portoferraio; “Mappare l’immaginario, mappare il reale” con Wu Ming 1; “Per una nuova geografia della distribuzione” con Riccardo Cavallero e Marco Zapparoli; “Mappe di luoghi nascosti” con Laura Silvia Battaglia e Stefano Lamorgese; “Cartografie culturali” con Ermete Realacci e Hans Georg Berger. Ogni sera i laboratori ElbaKids si prenderanno cura delle pause creative dei più piccoli, grazie alla dedizione del Sistema Museale dell’Arcipelago Toscano, focalizzandosi sul concetto di orientamento, specialmente del singolo nei confronti di una società complessa e diversificata. 

TOSCANA E MARCHE LEGATE DA UN GEMELLAGGIO CULTURALE

Due manifestazioni radicate su suoli distanti, divisi dagli Appennini e dal Tirreno, hanno deciso di legarsi creando un sentiero di assonanze. Sia Elba Book sia I fumi della fornace (Valle Cascia, 24-27 agosto) si sono costituiti per e sui loro territori, rendendosi non esportabili, ma condivisibili nell’approccio e nell’ascolto del genius loci di appartenenza. Il gemellaggio tra i due festival si concretizzerà durante la kermesse elbana, attraverso una performance poetica di rifondazione semantica di un luogo, a partire dal libro La specie storta (Tlon, 2023), e curata da Giorgiomaria Cornelio, Lucamatteo Rossi e Valentina Compagnucci. Entrambe le realtà si sono rivolte ai fantasmi dei rispettivi paesaggi per colmare un’identità industriale perduta e rimediare a diversi dissesti ambientali. Se il versante orientale dell’Elba ha subito l’abbandono delle miniere ferrose, la provincia di Macerata sconta la dismissione dell’imponente fornace di mattoni.

IL PREMIO “APPIANI” PER LA TRADUZIONE LETTERARIA DALLO SPAGNOLO

Si terrà martedì 18 luglio, alle 18:30, nella Terrazza mozzafiato del Barcocaio la cerimonia di assegnazione del premio “Lorenzo Claris Appiani”, che quest’anno proclama Francesca Lazzarato vincitrice dell’ottava edizione con la traduzione del romanzo argentino Le cugine (Sur, 2022) di Aurora Valentini. La menzione d’onore andrà a Valerio Nardoni per la traduzione di La voce a te dovuta (Passigli, 2022) di Pedro Salinas. E come di consueto la cerimonia di premiazione sarà l’evento inaugurale del festival.

Il premio “Appiani” è nato con l’Università per Stranieri di Siena per celebrare la memoria del giovane avvocato ucciso nel Palazzo di Giustizia di Milano e il legame con la sua terra d’origine. L’obiettivo è quello di dare luce alle figure quasi invisibili di traduttori e traduttrici, attori insostituibili e necessari nel delicato processo di mediazione linguistica e antropologica.

LOLA LARRA E L’IMMAGINAZIONE DEI RAGAZZI AL POTERE

Il percorso si è sviluppato grazie a Edicola Ediciones intorno al libro A sud dell’Alameda. Diario di un’occupazione (2018) di Lola Larra e Vicente Reinamontes – Premio Andersen 2019. Una storia ispirata ai fatti e ai protagonisti della Rivoluzione dei Pinguini, movimento studentesco cileno che viene raccontato utilizzando il linguaggio del romanzo e della graphic novel. Mercoledì 19, alle 18:30, gli studenti incontreranno l’autrice, potendo così confrontarsi sul processo di creazione delle proprie forme di protesta e approfondire le tematiche affrontate nei laboratori tenuti durante lo scorso anno scolastico. Sarà anche l’occasione per portare avanti con la casa editrice un workshop su pannelli e slogan che coinvolgerà anche il pubblico.

L’AMBIENTE CONQUISTA LA LETTERATURA. I FINALISTI DEL PREMIO “DEMETRA”

Entra nel vivo la terza edizione del Premio “Demetra”, riconoscimento dedicato ad autori ed editori indipendenti che mettono al centro delle loro opere le tematiche ambientali, concepito da Elba Book e da Comieco – Consorzio per il recupero e il riciclo degli imballaggi a base cellulosica, con la partecipazione di Seda International Packaging Group e il supporto di Esa Ambiente, UniCoop Tirreno e con il patrocinio del Parco Nazionale Arcipelago Toscano.

La Giuria ha selezionato 12 finalisti dopo aver vagliato 53 opere che, sommate a quelle candidate nelle due edizioni precedenti, portano a oltre 150 i titoli presentati in rassegna in tre anni: a testimonianza del crescente interesse di lettori, autori ed editori verso tematiche come la salvaguardia dell’ambiente, l’energia pulita o il riciclo. I finalisti per la categoria Narrativa sono: Emilia Bersabea Cirillo con Azzurro amianto (Le Plurali), Mauro Garofalo con L’ultima foresta (Aboca) e Luigi Vallebona con Nero colato (De Ferrari editore). Per la sezione Saggistica: Stefano Belletti con Verde & Digitale (Edizioni Ambiente), Massimo Donà con Filosofia della carta (Baldini+Castoldi) e Sandro Orlando con Groenlandia. Viaggio intorno all’isola che scompare (Laterza). Per la categoria Saggistica straniera tradotta in italiano: Maxine Bédat con Il lato oscuro della moda (Post editori), Randers J. et all con Una terra per tutti (Edizioni Ambiente) e Ben Rawlence con Treeline (Francesco Brioschi editore). Per la sezione Libri per ragazzi: Livia Rocchi e Elisa Macellari con Cavalieri dei Fiori (Camelozampa), Sara Filippi Plotegher con Pompodoreide (Mesogea) e Silvia Moroni con Parla Sostenibile (Slow Food). I vincitori di ciascuna categoria saranno premiati nel corso della cerimonia di chiusura del 21 luglio, alle 18:30, sempre nella Terrazza del Barcocaio. Inoltre è previsto un premio speciale della giuria consistente in un’opera dell’artista Elena Marengoni.

HANS GEORG BERGER: LA CULTURA AL SERVIZIO DELLE PERIFERIE

Lo staff di Elba Book, sostenuto con convinzione dal Consorzio Comieco, riconoscerà pubblicamente al fotografo Hans Georg Berger un encomio per il recupero dell’Eremo di Santa Caterina d’Alessandria, unico orto botanico di origine medievale nell’arcipelago toscano. Grazie all’associazione fondata dal filantropo tedesco nei primi Ottanta e dopo l’incontro con l’intellettuale parigino Hervé Guibert, che lo scelse quale luogo ideale per la genesi delle sue opere, l’Eremo è diventato un centro culturale deputato all’incontro tra arte e scienza. Situato sul monte Serra e in cima a una periferie depauperata dal sistema capitalista del proprio passato prossimo, quello minerario, ha conservato le fondamenta più remote, quelle legate a un passato religioso e valoriale, rimanendo ancora oggi meta di pellegrinaggi e cammini spirituali.

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Il disegno come puro e generoso atto di condivisione e partecipazione, un dono di bellezza e di grazia. 

In un caldo pomeriggio domenicale romano le bravissime bambine Adele e Francesca dell’associazione “Disegni” hanno realizzato in pochi minuti, quasi istantaneamente, i loro disegni soddisfacendo con i loro colori i desideri espressi dai passanti, chi un gatto chi un paesaggio marino, e donando momenti di intensa bellezza e di grazia. Di fronte all’emozione dei loro visi e al calore dei loro sorrisi non si può non pensare che c’è ancora speranza di salvare questo mondo

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Festival TEVERESTATE. La cultura, il cibo, l’arte, la musica. Dal 5 giugno al 3 settembre 2023 ROMA – Lungotevere Tor di Nona – Castel Sant’Angelo

A partire dal 5 giugno, le banchine del Lungotevere Tor di Nona, nell’affascinante cornice di Castel Sant’Angelo, accoglieranno un Festival dedicato alla cultura, al vino, alla musica, ai libri e alla possibilità di incontro e di dialogo tra artisti, intellettuali e professionisti, con ingresso gratuito e una vastissima offerta di spettacoli e momenti d’intrattenimento.

TeverEstate intende promuovere la riflessione culturale e artistica in uno spazio, il cui accesso è gratuito, dove è possibile sostare, osservare uno dei panorami più suggestivi di Roma, pranzare, cenare e fermarsi per un aperitivo o per sorseggiare un buon vino a qualsiasi ora, dalle 11 di mattina all’una di notte.
Terrazza Tevere accoglierà gli ospiti con un puntuale servizio di bar e ristorazione, tutti i giorni fino al 4 settembre, nell’area lounge e nello spazio dedicato all’osteria.

Le iniziative e i partenariati

L’associazione culturale Cibaldone promuove, con App Eventi, un denso calendario suddiviso in tre aree d’interesse legate a ogni espressione d’arte e cultura: il Cibaldone Culture Festival, il Cibaldone Music Festival e il Cibaldone Wine Festival.

L’Orto Botanico, l’Università degli Studi di Roma La Sapienza e il Municipio I del Comune di Roma patrocineranno tutto il Festival.

Il Museo Etrusco di Villa Giulia è un altro prestigioso partner di TeverEstate, con due appuntamenti guidati dal direttore Valentino Nizzo e dall’archeologa Maria Paola Guidobaldi, dell’Ufficio Mostre e Prestiti.

In collaborazione con l’Associazione Culturale Il Talento di Roma, ogni settimana avranno luogo due incontri con autori e case editrici romane e nazionali per raccontare la città e le caratteristiche del territorio, con relatori d’eccezione e tematiche che coinvolgono molti aspetti della complessità contemporanea.

Le aree tematiche

Cibaldone Wine Festival. Centrale e determinante per l’intero progetto è il contributo di 27 cantine che racconteranno sul palco territori e sapori da tutta Italia. Ogni settimana, il martedì, il mercoledì e il giovedì, saranno presentate tre etichette per tre aziende diverse, promuovendo una narrazione del territorio che parte dalle singole produzioni vinicole e dall’esperienza di ogni produttore.
Le cantine presenti sono: Cantine Olivella (Campania); Palazzo Prossedi (Lazio); Vini Centanni (Marche); Le Cimate (Umbria); Az. Ag. Gaetano Di Carlo (Sicilia); Cantine Adanti (Umbria); Cantina Fratelli Pardi (Umbria); Sergio Mottura (Lazio); De Sanctis (Lazio); Tenuta Bellafonte (Umbria); Feudi di Romans (Friuli); Palazzone (Umbria); Vinicio Mita (Lazio); Casale del Giglio (Lazio); Bussi Piero (Piemonte); Marabino (Sicilia); Giraldi & Giraldi (Calabria); Agricolavinica (Molise); Tenuta Cavalier Pepe (Campania); Andreola (Veneto); Luteraia (Toscana); Alois (Campania); Cantine Petrosino (Sicilia); Casa Vinicola Sartori di Verona (Veneto); Cantine Ceci (Emilia Romagna); San Ferdinando (Toscana); Az. Ag. Innocenti (Toscana).

Cibaldone Music Festival prevede spettacoli di musica dal vivo di artisti locali e nazionali, dal Rock al Pop, dal Soul al Jazz.

Cibaldone Culture Festival è un’idea di condivisione culturale che coinvolge libri, musica, radio, poesia, arte, teatro, storia ed ecologia

Le rassegne e gli eventi

Radio Poetanza a cura di Fabio Sebastiani. Presente con una postazione di web radio il 18 giugno, il 9 e il 23 luglio, il 6 e 27 agosto e il 3 settembre, dalle 19.30 alle 21.00. Un contenitore di format radiofonici sulla poesia con declamazioni, approfondimenti e ospiti di primo piano. Sei i temi che faranno da filo conduttore: Poesia e Natura (Elio Pecora), Intelligenza artificiale (Guido Oldani), Educazione sentimentale (Nicola Bultrini e Isabella Bignozzi), La Roma di Pasolini (Maria Concetta Petrollo Pagliarani), L’importanza della poesia civile, Poesia e migrazioni (Umeed Ali). La Poetanza è un gruppo formato da poeti che hanno già pubblicato tre poemi collettivi, specchio di questi anni difficili.

Argini è il primo festival di poesia e letteratura che punta a sovvertire la normale percezione dell’arte e della scrittura in versi. “Siamo la poesia che viviamo ogni giorno, siamo l’atto di fede che ogni scrittore compie. Argini guarda al contemporaneo per vivere la sua contaminazione”. Si compone di una serie di podcast, interviste e musica che consentono di esplorare l’umano e il suo divenire. A cura di Michele Piramide e di Stefano Tarquini, Argini segue la scia di Read(y), programma radiofonico ed incubatore di laboratori poetici, per dare una nuova voce alla cultura romana. Ad aprire il festival, Blackpost racconta lo spaccato di diversità che si annida lungo gli argini di Roma e del suo tessuto sociale.

Materie Poetiche, a cura di Spazio Parola (di Gisella Blanco ed Elisabetta Destasio Vettori). Il 25 giugno, serata inaugurale del progetto, ad aprire le letture sono stati Nicola Bultrini, Claudio Damiani, Lucianna Argentino, Anita Piscazzi, Enea Roversi e Antonio Francesco Perozzi. Nelle date successive, che saranno il 2, il 16 e il 30 luglio, si alterneranno, tra gli altri, scrittori in versi come Edoardo Albinati, Maria Concetta Petrollo Pagliarani, Cinzia Marulli, Elio Pecora, Ugo Magnanti, Anna Maria Curci, Graziano Graziani e Diletta D’Angelo. Una serata particolare, il 16, sarà dedicata a quattro voci storiche emiliane: Alberto Bertoni, Francesca Serragnoli, Giancarlo Sissa, Enrico Trebbi. Ciascun incontro sarà dedicato a un preciso elemento naturale: con i versi dedicati all’acqua, all’aria, alla terra e al fuoco si potrà dimostrare come la poesia sia ancora materia vivissima, e come rappresenti un elemento unificante e costantemente rigenerante per la società.

Leggere Tutti a TeverEstate, a cura di Sandro Capitani (direttore della rivista cartacea e on line Leggere Tutti), ha pianificato quattro incontri di dialogo tra autori e operatori culturali. L’8 luglio si apre la rassegna con un confronto tra gli scrittori Sandro Bonvissuto e Angelo Carotenuto. A seguire, altri tre appuntamenti che andranno a delineare il panorama letterario italiano attraverso una riflessione su case editrici, librerie e biblioteche. Questi tre punti di vista, focali all’interno dello scacchiere degli addetti ai lavori e dei fruitori dei prodotti letterari, sono gli argomenti delle tre rubriche che la rivista si impegna ad approfondire in ogni numero. Il 26 luglio, Stefania Parmeggiani dialogherà con la libreria Spazio Sette, il 1° agosto Giorgio Zanchini incontrerà il bibliotecario Vittorio Ponzani, e l’8 agosto Graziano Graziani si confronterà con gli editori indipendenti Andrea Cati di Interno Poesia e la curatrice di Tempesta Editore, Chiara Mazza. Ciascun appuntamento sarà moderato da Sandro Capitani.

I Pluvia e i Flowers. L’esibizione del 23 Luglio al TeverEstate si comporrà di due progetti, i Flowers e i Pluvia, i cui membri coincido in parte. La formazione dei Flowers comprende infatti i Pluvia in collaborazione con il cantautore Momo, che insieme proporranno cinque canzoni inedite in lingua inglese tra il soft-rock e l’alternative pop. La serata proseguirà poi con i Pluvia, band composta da due chitarre, batteria, basso, e voce. Questo secondo progetto ha influenze che variano dall’alt-rock, emo, hardcore, all’indie-pop. La scaletta si comporrà di brani inediti scritti in italiano e in inglese, insieme ai due brani già pubblicati su diverse piattaforme: “Asterion” e “Kitchen Wars”.

Slam Poetry ha ospitato, il 10 giugno, la semifinale regionale slam poetry WOW – Incendi spontanei e che tornerà il 29 luglio, alle ore 20, per la finale regionale.

Gatto a TeverEstate, una rassegna estiva di incontri con autori, ideata da Il Talento di Roma che tutto l’anno, tra i suoi scopi principali, ha quello della promozione della lettura e degli stimoli che transitano attorno al mondo dei libri. Attraverso i dialoghi con gli scrittori, si mira a rinsaldare e riavvicinare le varie articolazioni sociali in momenti di incontro che uniscono gli interessi culturali alla convivialità e alla narrazione del territorio capitolino. Nel programma, figurano autori come Simone Tempia, Luca Ricci, Maria Grazia Calandrone, Francois Morlupi, Nella Frezza, Camilla Ghiotto, Dario Pontuale.

Amatrice-Accumoli, out.of the windows, dal 28 giugno al 12 luglio. Una mostra itinerante a Roma, organizzata da Radici Accumolesi ODV con il contributo della Regione Lazio e di Lazio Crea, sarà a Roma dal 28 giugno al 12 luglio. L’inaugurazione è prevista mercoledì 28 giugno alle ore 19,30 con il concerto di musica popolare di Susanna Buffa, mentre dalle ore 21,00 sarà possibile fruire di una visita guidata della mostra. La mostra (direzione artistica a cura di Emma Moriconi) è ad ingresso libero e sarà visitabile tutti i giorni dalle 10 del mattino all’una di notte. Il progetto è patrocinato dal Comune di Amatrice e dal Comune di Accumoli, con la collaborazione della Cooperativa di Comunità Radici & Ali (che ha fornito il know-how e le competenze per la realizzazione), l’Associazione Laga Insieme, l’Associazione Pro Retrosi, l’Istituto S. Alessio Margherita di Savoia, le Pro Loco di Accumoli ed Amatrice, l’impresa sociale Amatrice Terra Viva.

Greg & the Five Freshman, The Perfect Crooner (tribute), un concerto sotto le stelle, a partire dalle 21 di domenica 25 giugno.

Tevere Gloria e Disgrazia – Laboratorio Progettuale di Officine Fotografiche Roma. Il laboratorio è stato immaginato come progetto a lungo termine con l’intento di restituire alla città una visione molteplice, articolata, contraddittoria nel suo rapporto con il fiume: una narrazione corale e trasversale che ha come filo conduttore il Tevere e la sua vita, che parla di una società millenaria, spaziando trasversalmente tra i generi fotografici. Ogni partecipante ha potuto definire il proprio ambito di interesse e la propria area tematica all’interno del progetto. Le fotografie sono di Bertelli Viviana, Cardone Piero, Della Ratta Francesca, Desiato Franco, Franco Salvatore, Imperi Claudio, Ottone Paolo, Poggipollini Michela, Simonelli Antonella.

L’Orto Botanico di Roma incontra il Tevere, una serie di incontri moderati da Vinicio Mita, con il direttore Fabio Attorre, Fabrizio Cipriani, Giovanni Salerno e Marco Stefanelli, per conoscere le piante, le loro mille varietà, le coltivazioni e l’importanza della conservazione del verde in ambito urbanistico.

Il Museo Etrusco di Villa Giulia incontra, il 18 luglio, Valentino Nizzo con Un fiume di storia, e Maria Paola Guidobaldi il 25 luglio. L’11 luglio alle ore 11 è prevista la Conferenza Stampa generale su tutto il programma e gli obiettivi del Festival.

GattoMondo, una mostra che si apre con la presentazione del libro Arte micia di Vincenzo Valentino, per appassionati di gatti. Dal 17 al 20 giugno.

Un cartellone pieno di eventi che uniscono il piacere del cibo e della convivialità all’amore per l’arte e la cultura, attraverso modalità espressive differenti che possono soddisfare qualsiasi tipo di pubblico.
La potenzialità di TeverEstate è proprio quella di suscitare curiosità, occasioni di incontro e di dialogo, e di radicare, anche per gli anni a venire, l’impegno culturale e non solo l’approccio turistico-commerciale nell’antica e famosa tradizione dell’Estate Romana sulle banchine del Tevere.

Per info:
teverestate2023@gmail.com
comunicazione@iltalentodiroma.com

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In stampa per i tipi di Cultura e dintorni Editore nella collana “I Narratori del Nostro Tempo” il volume di Juliette Seïna Deweze “Gontran lo spazzino. Gontran le balayeur” con le illustrazioni di Valentina Baldazzi e Vladimir Liad.

In stampa per i tipi di Cultura e dintorni Editore nella collana “I Narratori del Nostro Tempo” il volume di Juliette Seïna Deweze Gontran lo spazzino. Gontran le balayeur con le illustrazioni di Valentina Baldazzi e Vladimir Liad. Un’opera polisemica e polisemantica dai diversi significati e chiavi di lettura. Un’edizione che ha la duplice particolarità da un lato di correre su un doppio registro linguistico essendo il testo bilingue francese/italiano., dall’altro di specchiare lo stesso linguaggio narrativo in quello figurativo in un fitto e arricchente dialogo. Le tavole illustrate legate a loro volta all’affascinante e misterioso dialogo tra Valentina Baldazzi e il suo alter ego Vladimir Liad, la marionetta. In questo articolato contesto si dipana la storia di Gontran lo spazzino Gontran le balayeur archetipo di autenticità e di purezza che parla al tempo stesso al cuore dei bambini e degli adulti. Disponibile dalla prima settimana di luglio.

Per ordini e disponibilità scrivere a: redazione@culturaedintorni.it

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La Luce salvifica della scrittura nella silloge di racconti carica di significati edita da Augh! Edizioni “Pretendi un amore che non pretende niente”. Intervista all’autrice Francesca Cerutti

La Luce salvifica della scrittura

Intervista a Francesca Cerutti

a cura di Luca Carbonara

Nel 2020 ha esordito giovanissima in ambito editoriale con il romanzo Noi quattro nel mondo edito da Bookabook e, prima di questa nuova silloge di racconti Pretendi un amore che non pretende niente edita da Augh! Edizioni, ha scritto racconti editi in varie antologie ottenendo anche riconoscimenti dalla critica. Si direbbe la sua una vocazione scritta nel e dal destino che molto presto ha visto la luce. Come ha coltivato e maturato questo suo particolare talento?

Da bambina mi piaceva inventare storie, ma rimanevano sempre solo nella mia testa. Verso i tredici anni mi sono fatta coraggio e ho provato a metterle per iscritto; ho continuato per tutti gli anni del liceo, scrivendo cose che a rileggerle oggi mi sembrano molto ingenue, ma che comunque hanno contribuito a insegnarmi a scrivere. Di vitale importanza è stato poi un corso di tecniche di scrittura tenuto dalla professoressa Luisa Previtera – che ringrazio alla fine del libro – quando ero all’università. E in tempi più recenti ho seguito due corsi di scrittura tenuti da Mattia Insolia, un autore che stimo molto e che mi ha dato suggerimenti davvero preziosissimi.

Quanto è stata condizionata e/o influenzata la sua scrittura dal suo lavoro di traduttrice?

Studiare e poi lavorare come traduttrice mi ha insegnato ad avere una cura ancora maggiore per le parole, a soppesarle con cura e scegliere quelle giuste, evitando ghirigori inutili. E proprio dalle lezioni in università ho mutuato una strategia che si rivela molto utile quando traduco, ma anche quando scrivo: rileggermi ad alta voce. Può sembrare una banalità, ma quante volte ho letto una frase ad alta voce e solo allora mi sono accorta che non girava proprio…

La sua bibliografia denota un passaggio importante: quello dal genere romanzo al genere racconto, in questa successione e non viceversa come solitamente succede agli scrittori, a evidenziare una sua chiara predilezione per questa particolare forma di scrittura. Ricordando le lezioni dello scrittore argentino Julio Cortázar, maestro del racconto e del romanzo, che paragonava il racconto a un universo sferico chiuso e risolto in sé, che necessita dunque di una particolare abilità e sapienza narrativa, quali sono stati i motivi e i riferimenti che l’hanno ispirata e guidata in questa scelta?

È vero, spesso molti passano dalla narrativa breve a quella lunga, mentre io ho vissuto il percorso opposto. La mia decisione di scrivere racconti si deve essenzialmente a due motivi. Prima di tutto, sentivo di avere tante cose da dire… troppe per essere racchiuse in una storia sola, avrei rischiato di mettere troppa carne al fuoco, e così ho deciso di dedicare a ognuna un racconto a sé, con i suoi personaggi e la sua atmosfera. Inoltre, in questo modo ho potuto scegliere per ogni racconto la tecnica narrativa e il punto di vista secondo me più adeguato per quella specifica storia. Diciamo che scrivere racconti mi ha dato la libertà di sperimentare di più. Ha rappresentato anche una sfida, perché se la storia si sviluppa in poche pagine non puoi permetterti nessun momento morto o quantomeno calante. E credo che questa impostazione si rivelerà molto preziosa quando mi riavvicinerò alla forma romanzo.

La silloge di racconti appena edita da Augh! Edizioni Pretendi un amore che non pretende niente ha assunto come titolo quello di uno dei racconti. Vale a dire una parte per il tutto, una sineddoche. Il carattere assertivo di questo titolo rivela una scelta precisa che vuole essere soprattutto una scelta di campo, una netta presa di posizione. Del cuore e della mente. E non può non colpire per ciò cui rimanda e sottende. Chi sono realmente e a chi rimandano i protagonisti di questo racconto, un uomo e una donna che, senza conoscersi e indipendentemente l’uno dall’altra, si imbattono “casualmente” nei versi di questo anonimo poeta che li costringerà a mettersi a nudo aiutandoli a ri-conoscersi?

Elisa e Nicolò, i protagonisti del racconto Pretendi un amore che non pretende niente, non si conoscono ma si muovono negli stessi luoghi, a distanza di pochi metri l’uno dall’altra. E, soprattutto, c’è una cosa che li accomuna: pur avendo alle spalle storie diverse, entrambi sono vittime di situazioni che a ben vedere non li stanno portando da nessuna parte. Entrambi devono trovare il coraggio di voltare pagina, magari attraverso la “piccola ribellione” citata nel racconto. Ed entrambi si emozionano di fronte alla stessa poesia, anche se ognuno le dà un significato diverso a seconda di ciò che sta vivendo in quel momento. Quando ho scritto il racconto volevo che i lettori leggessero la loro storia, li vedessero muoversi per le stesse vie, così vicini e al tempo stesso così distanti, e pensassero: questi due si farebbero molto bene a vicenda, se solo avessero la fortuna di trovarsi.

In quest’opera, che si evidenzia per l’uso di diversi stili e tecniche di scrittura, come i diversi tipi di dialogo e i cambi dei soggetti di interlocuzione, è evidente la funzione diegetica della musica e della letteratura al punto da indurla a impreziosire il volume con interessanti note bibliografiche e discografiche. Quanto sono influenzate la sua scrittura, la sua ispirazione, la sua visione e la sua stessa vita dai linguaggi della Musica e dalla Letteratura?

Ciò che scrivo è fortemente influenzato da ciò che vivo, ma anche da ciò che leggo e che ascolto. E ho voluto sottolineare questo aspetto inserendo nel libro diversi riferimenti bibliografici e discografici, a volte espliciti – come i versi di En e Xanax di Samuele Bersani in apertura al racconto Ci sono notti –, altre più impliciti, quasi in un gioco con i lettori, come a dire: vediamo chi indovina a che libro o a che canzone faccio riferimento qui. Tanto in fondo al libro ci sono le soluzioni…

Che cosa accomuna i protagonisti delle otto storie che compongono la sua ultima silloge? Sembrerebbero declinazioni diverse di una medesima tensione, della stessa sofferta ricerca di veridicità e autenticità, nei legami, nei rapporti, con sé stessi e con gli altri, e di un diverso modo di “vedere” e “sentire” la realtà. Qual è il personaggio che più le assomiglia?

In realtà non c’è un personaggio in cui mi rispecchio più che negli altri; tutti hanno qualcosa di me e della mia esperienza, oppure tratti riconducibili a persone che fanno effettivamente parte della mia vita. Sono personaggi diversi che fanno parte di storie a sé stanti, ma è anche vero che c’è un fil rouge che li lega. I sentimenti che provano e il loro carico di speranze e paure sono bene o male gli stessi. Così come sono convinta che le nostre emozioni non siano poi così diverse da quelle degli sconosciuti che ogni giorno incrociano il nostro cammino.

C’è una protagonista nei suoi racconti. Si potrebbe definire principale considerando la sua presenza in tutti i racconti. Ma è silenziosa, discreta, presente ma mai invadente, una sorta di nume tutelare, di co-protagonista, sensibile, confidente, complice, affidabile, fedele, accogliente, misteriosa e affascinante. Meta ambita, per altri versi, con le sue mille luci e le sue ombre, anche molto fitte.  Che cos’è e che cosa rappresenta per lei Milano? Nelle vie, nelle tramvie, nelle piazze della “sua” Milano che cosa c’è o cosa resta della Milano di Buzzati, di Vittorini, di Bianciardi?

Per stare in tema di riferimenti musicali, citerei una delle ultime canzoni dei Baustelle, che recita: «Milano è la metafora dell’amore, di tutto ciò che cambia, della vita che va». E in effetti Milano è così, è forse la città italiana che più ha cambiato volto negli ultimi anni e decenni. La Milano attuale post-Expo non è più nemmeno nell’aspetto – anzi, oggi diremmo nello skyline – quella di Buzzati, Vittorini e Bianciardi, così come non è più quella “da bere” degli anni Ottanta e non è più nemmeno quella dei primi anni 2000. Basti pensare che appena una quindicina d’anni fa i grattacieli che contraddistinguono il quartiere di Porta Nuova neppure esistevano… E cambierà ancora volto, è nella sua indole. Non escludo che tra alcuni anni qualcuno prenda in mano il mio libro e fatichi a riconoscere i luoghi descritti, che magari saranno diventati totalmente diversi.

Crede davvero nelle coincidenze o c’è qualche altra cosa, una sorta di realismo magico che si invera, oltre il visivamente tangibile che guida e ispira l’agire umano?

Le coincidenze mi affascinano molto, e in effetti a volte mi sono trovata di fronte a eventi concatenati così bene che mi sembrava quasi un affronto pensare che fosse stato tutto una semplice casualità. È però anche vero che, come scrive Antonella Lattanzi nel suo ultimo romanzo, Cose che non si raccontano, quando si è alla ricerca spasmodica di un segno che in qualche modo ci confermi qualcosa a cui ci stiamo aggrappando con tutte le nostre forze, potenzialmente tutto può diventarlo. E da lì a travisare la realtà e commettere errori di valutazione il passo è breve. Resta comunque il fatto che le coincidenze mi affascinano troppo perché smetta di crederci.

Luce, il brevissimo evocativo e significativo componimento che chiude come coronamento di significato e di senso la silloge, è il racconto “figlio” della pandemia. A dispetto del suo carattere onirico è forse il più realistico. È lei infatti la protagonista di quello che si potrebbe definire un sogno lucido nel quale scompaiono lockdown, mascherine ed epidemia e compare l’altra protagonista quella luce al cospetto della quale nulla potrà andare male e tutto viene detto e accade in quello che al risveglio si rivela essere solo un ricordo sublimato nel sogno. La realtà è diversa pur se illuminata da quella luce che la protagonista aveva già visto. La protagonista di Luce l’ha poi detto quel “ti amo”?

Non alla persona a cui si fa riferimento in Luce. Posso però dire, più in generale, che la protagonista di quel racconto sta pian piano imparando a cogliere con meno timore le opportunità insperate. E sta capendo che a volte, per ritrovarsi, bisogna passare da situazioni in cui tutti i punti di riferimento sembrano venire meno.

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“Radici eteriche”, la nuova rubrica del periodico di informazione culturale “Cultura e dintorni” curata da Dana La Porta. Un nuovo percorso di conoscenza e analisi interiore

Radici Eteriche                                                                                                               Esplorando le Costellazioni Familiari Sistemiche

Buongiorno a tutti!

Sono lieta di presentarvi Radici Eteriche, quella che sarà la nuova rubrica del periodico di informazione culturale «Cultura e dintorni», che ci condurrà in un meraviglioso viaggio attraverso le intricanti trame delle Costellazioni Familiari Sistemiche. Sono felice di offrirvi, in qualità di costellatrice familiare, un’esplorazione approfondita di questo affascinante approccio che rivoluziona la comprensione dei nostri legami familiari, delle dinamiche relazionali e del nostro benessere emotivo.                                                                                                           

Cerchiamo subito di capire cosa sono le Costellazioni Familiari e perchè vengono dette “Sistemiche”. Mi preme dirvi, o meglio rivelarvi, che le Costellazioni Familiari sono prima di tutto uno strumento potente, uno strumento potente di aiuto, che ci permette di esplorare i nostri sistemi familiari e le interconnessioni invisibili che influenzano le nostre vite. Originariamente sviluppate da Bert Hellinger, le Costellazioni Familiari si basano sulla teoria dei sistemi, settore scientifico che studia le regole strutturali e funzionali valide per la descrizione di ogni sistema, indipendentemente dalla sua composizione, descrivendone il comportamento con modelli matematici. Per “sistema” si intende un’unità complessa in cui le parti sono interconnesse e interagiscono tra loro, e in questo contesto viene visto come un tutto che è più di una semplice somma delle sue parti individuali; ciò significa che il comportamento e le proprietà del sistema non possono essere completamente compresi analizzando solo le singole componenti ma richiedono una visione olistica.

Con le Costellazioni Familiari possiamo esplorare e comprendere la complessità dei sistemi in cui siamo immersi, riconoscendo che ogni fenomeno o evento è parte di un sistema più ampio. Questo approccio implica l’idea che tutto è collegato e che ogni cambiamento o azione in una parte del sistema può avere effetti sulla totalità del sistema stesso. Nel contesto umano non siamo semplicemente individui isolati, ma facciamo parte di molti sistemi sovrapposti e interconnessi. La famiglia, ad esempio, è un sistema in cui i membri sono legati da relazioni e interazioni complesse; oltre alla famiglia siamo parte di sistemi più ampi, come la comunità, la società, la nazione e così via, fino ad abbracciare l’intero pianeta, la storia e le dimensioni spazio-temporali. Questa prospettiva ci invita a considerare l’interdipendenza e l’influenza reciproca tra i vari sistemi di cui facciamo parte; ciò significa che le nostre azioni, le nostre scelte e le nostre decisioni possono avere conseguenze che si estendono ben oltre il nostro ambito individuale. A mio avviso considerare l’impatto delle nostre azioni sulla totalità dei sistemi in cui siamo coinvolti, cercare di agire in modo responsabile e consapevole delle connessioni che ci legano agli altri e all’ambiente circostante, diventa straordinariamente essenziale come diritto e provvidenziale come dovere, proprio perchè il mondo e la nostra esistenza sono un insieme di sistemi complessi e interconnessi. Sviluppare una prospettiva olistica che tiene conto delle interazioni tra le parti e della loro influenza sul sistema nel suo complesso significa sviluppare quella consapevolezza che ha in sè il potere di portare ad una maggiore comprensione, una maggiore responsabilità e una maggiore cura per i sistemi che ci circondano e di cui facciamo parte.                                                                                                         In definitiva, portando l’approccio sistemico nell’ambito delle Costellazioni Familiari, in cui ogni membro di una famiglia fa parte di un sistema più ampio, abbiamo conquistato – grazie a Bert Hellinger, figura che sicuramente approfondiremo in futuro – un metodo innovativo che ci permette di visualizzare e comprendere meglio i modelli nascosti e i blocchi emotivi che possono influenzare la nostra salute, le nostre relazioni e il nostro successo nella vita.

La rubrica Radici Eteriche sarà dedicata all’esplorazione di una vasta gamma di tematiche legate alle Costellazioni Familiari. Ogni mese, ci concentreremo su un argomento specifico per approfondire la nostra comprensione e offrire spunti di riflessione. Esploreremo le dinamiche familiari, i conflitti ereditati, le dinamiche di coppia, il rapporto genitore-figlio e molto altro ancora. Attraverso articoli approfonditi, interviste, testimonianze di persone che hanno beneficiato di questa pratica, mi impegnerò a fornire un quadro completo e informativo su questo affascinante campo.

L’obiettivo principale di Radici Eteriche sarà quello di guidare e ispirare i lettori ad approfondire la comprensione delle proprie dinamiche familiari e a scoprire nuovi modi per affrontare le sfide emotive. Voglio fornire ai lettori l’occorrente, equipaggiarli con strumenti e consigli utili, per promuovere il benessere individuale e relazionale, incoraggiando ad esplorare il proprio sistema familiare in un contesto sicuro e supportivo.

Radici Eteriche si rivolge a tutti coloro che sono interessati ad esplorare il proprio background familiare e a migliorare le proprie relazioni. La rubrica vi offrirà l’opportunità di ampliare le vostre conoscenze e scoprire nuove prospettive. Se state cercando nuovi strumenti per superare blocchi emotivi, comprendere meglio le vostre dinamiche familiari o semplicemente desiderate esplorare l’interconnessione tra passato, presente e futuro, Radici Eteriche sarà qui per voi. Io, sarò qui per voi. Saremo qui per accompagnarvi in un percorso di scoperta e crescita personale, fornendo informazioni accessibili e approfondite su questa pratica affascinante, offrendo contenuti che soddisfino interessi ed esigenze. Troverete, come vi accennavo, articoli che spiegano i concetti fondamentali delle Costellazioni Familiari, casi di studio che illustrano la pratica in azione, interviste e approfondimenti su temi specifici legati alle dinamiche familiari, suggerimenti pratici inoltre, per integrare alcuni principi delle Costellazioni Familiari nella vita quotidiana.

Con Radici Eteriche mi impegno a fornire contenuti di qualità che siano informativi, empatici e rispettosi. Riconoscendo che ogni sistema familiare è unico e complesso, mi sforzerò di presentare una prospettiva equilibrata e inclusiva. E’ mio desiderio promuovere la consapevolezza, perciò partendo dal rispetto della diversità, offrirò un approccio senza giudizio e accoglierò chiunque desidererà esplorare le Costellazioni Familiari con lo stesso rispetto.

Ringrazio Luca Carbonara, che con rara delicatezza e inconsueto acume, sin dal primo momento ha riposto la sua fiducia nel mio stile e nella mia capacità di comunicare l’essenza delle emozioni e dell’esperienza, offrendomi spazio e tempo, e promuovendo una sfida biunivoca stra-ordinaria – quella dell’esposizione, per chi generalmente opera dietro le quinte – che ho accolto con gioia e passione.

Anche se non ci conosciamo ancora, vi confido che c’è una dolce incredulità in me, mentre scrivo quel che scrivo. Un riservato entusiasmo pervade il corpo e la mente mentre mi accingo, in seguito a mille e mille odissee e fortune, ad assicuravi per questo salto quantico dalla conoscenza alla coscienza.  Sono qui.  Vi dedico quella che per me in primis è stata una grande scoperta tra le scoperte, un’affascinante rivelazione, sia intellettuale che spirituale, e soprattutto una preziosa risorsa per comprendere meglio me stessa, le mie relazioni e il mio cammino verso una vita più armoniosa e appagante, e vi invito a partecipare sin da ora, inviandomi le vostre domande, i vostri pensieri e le vostre storie, fondamentali per rendere questo spazio un luogo di scambio e di crescita. Sono pronta.

Iniziamo, tra coraggio e paure, tra forza e insicurezze, con tutta la nostra coscienza e tutta la nostra umanità, questo viaggio insieme. Benvenuti!

Mi chiamo Dana La Porta. Sono una persona e una voce su questa Terra. Con fiducia mi espongo alla Luce di questo primo Sole di Giugno e qui, ora, a voi, mi presento.

Dana La Porta conduce Costellazioni Familiari Dinamiche individuali e di gruppo. Esperta in Ipnosi Dinamica, Psicologia dell’Handicap e Cura Energetica, affianca nella crescita personale, nel cambiamento, nell’evoluzione.

   Contatti:

   e-mail: redazione@culturaedintorni.it danalaporta.7@gmail.com

   tel. 392 366 31 68

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Presentazione del libro “Overlap” della collana “Icemura” edito da Senza Confini Di Pelle. Un’indagine sulla coincidenza delle rotte migratorie degli uccelli e degli uomini

Presentazione del libro Overlap della collana “Icemura” edito da Senza Confini Di Pelle. Mercoledì 21 giugno 2023 alle ore 19,30 a Roma presso Zazie nel metrò via Ettore Giovenale,16. I curatori Dario La Stella e Valentina Solinas presenteranno il progetto del volume insieme ad Alberto Barbieri di MEDU - Medici per i Diritti Umani. Il progetto Overlap - Eventi tra Arte e Scienza su Biodiversità e migrazione - indaga la coincidenza delle rotte migratorie di persone ed uccelli attraverso la ricerca scientifica ed artistica. Il volume, primo di una collana dedicata alla ricerca multidisciplinare, riporta l’esperienza di tre anni di lavoro all’Asinara condotta da un gruppo eterogeneo di scienziati, artisti, richiedenti asilo, studenti, cittadini. La presentazione ha carattere performativo con proiezioni di video e performance live. INGRESSO LIBERO. http://www.senzaconfinidipelle.com/icemura.html

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La fuga e il ritorno. La recensione di Saveria Chemotti al romanzo di Elisabetta Baldisserotto “Gli occhi di Shiva” edito da Ronzani editore

La fuga e il ritorno

Nel 1904-1905, all’inizio di un secolo gravido di rivolgimenti epocali, riflessi in nuove modalità di ricerca e di scrittura, Pirandello metteva in bocca a uno squassato Mattia Pascal, bibliotecario in una chiesa sconsacrata, una singolare bestemmia, quel «Maledetto Copernico» con cui sintetizzava il disagio di una intera generazione che metteva in discussione “sentimenti” e forme interpretative della realtà, sottolineando la precarietà di ogni ideologia, il relativismo di ogni situazione e la necessità di ricercare nuove forme espressive dinanzi alla perdita di un “centro di gravità permanente”.

Me lo ha ricordato il nuovo romanzo di Elisabetta Baldisserotto perché qui, il «maledetto Copernico» riappare in nuce e agisce per antifrasi, è un mugugno trattenuto che sviluppa un’antitetica reazione, in una situazione storica che potrebbe rivelare numerosi punti di contatto. Nessuna imprecazione qui: si guarda, metaforicamente, in faccia Copernico e il suo rovesciamento e lo si sfida, lo si provoca. Spicca la consapevolezza, soprattutto, che non basta accusare la realtà di quello che è per avere l’alibi di macerarsi dentro un’anonima autoconsolazione, rifiutandosi di attraversare quella fatidica linea d’ombra che è anche limite di demarcazione di uno spaesamento che lievita da un’inadeguatezza e da un disagio profondo, singolare e plurale.

E non è un caso che il libro sia scritto in prima persona perché l’io che narra non nasconde la sua identità, ma affascina per veridicità, perché l’esperienza non è solo relazione su un’autoreferenziale tranche de vie di Linda, la protagonista (nome a suo modo evocativo di un desiderio di purezza, quasi in antitesi con gli accadimenti che la riguardano), ma vuole diventare parte di un discorso di verifica  e di indagine che si costruisce brano a brano, tessera dopo tessera con una valenza identitaria generazionale, per situazioni e, forse, per aspirazioni e desideri. Il ricordo degli anni Settanta, le origini del femminismo, le manifestazioni legate alle lotte studentesche, il ruolo di Potere Operaio, di Lotta Continua; le cariche della polizia, le uccisioni: il “pagherete caro pagherete tutto” scandito con rabbia, la Contessa, che roba, di Paolo Pietrangeli, restituiscono una memoria palpitante per chi li ha vissuti. Un nodo in gola, perfino. Le illusioni si mescolano con le prime esperienze di droga e di sesso in una Venezia sgargiante, vivida, memorabile dentro la nostalgia dell’altrove. Lo spaccato di un periodo di grande cambiamento, di una svolta culturale finalizzata a una liberazione, destinata purtroppo a sbattere contro il muro invalicabile del potere patriarcale, disegna un ripensamento ardito e inesausto delle tradizioni ideologiche cementificate.

Vivido e nodale è soprattutto il contrasto tra Vito e Jamie, le due figure maschili protagoniste assieme a Linda. Rivoluzionario in toto il primo, più disponibile alla fuga dal presente il secondo: entrambe figure che si affacciano nella storia in ruoli efficaci e convincenti, scanditi anch’essi con agile sapienza narrativa.

Altrettanto intenso e commovente è il rapporto amicale che Linda instaura con le donne ricoverate con lei all’Ospedale Santa Maria delle Grazie, l’ospedale degli infettivi: Sabrina, Ada, Regina, Flora, Maria, Vittorina (senza naturalmente dimenticare l’ospite suadente che sbuca nella loro stanza: il gatto Shiva, presenza a suo modo magica). Lo svelamento delle loro identità, dei loro traumi e delle loro speranze si colloca in un processo di avvicinamento che testimonia un bisogno profondo di colloquio con la nuova sé stessa, a ridosso del ripensamento del percorso esperienziale vissuto tra le conchiglie di Shiva, l’amuleto simbolo di nuova conoscenza e di saggezza che, nella sua forma a spirale, disegna la storia  di una ricercata rinascita, il mito dell’altrove inseguito e perso ma rievocato più volte nelle tappe di allontanamento e attraversamento dentro luoghi variegati in Italia e in India. La carica eversiva delle esperienze in cui si traduce il balbettio dell’impasse relazionale di Linda, la solitudine e la malinconia, gli inganni e gli smarrimenti, i travestimenti e le maschere, l’aridità affettiva e l’impotenza, ma anche il suo stupore sempre più meravigliato dinanzi alle nuove atmosfere, riescono a parafrasare perfino la paura, la sterilità e la marginalità assurda della vita. Il mondo si spalanca, si svela nella sua complicata e doppia versione, ma proprio mentre si apre, madido di prospettive, si richiude addosso a chi lo attraversa.

Il viaggio verso e dentro l’India, frequentata in quegli anni da una moltitudine di ragazzi, diventa ossessione, meta spia di un’amputazione che scaturisce da un disagio esistenziale, familiare, collettivo e soggettivo insieme, per cui fuggire diventa l’unica scelta possibile per “riconoscere la forza dei legami a cui non sai sottrarti altrimenti” (p. 155). Una forza che dilania, disarciona, ma che può far lievitare una nuova identità. La scrittura si trasforma così in ricerca di un ritmo nuovo che, nella fissazione dei particolari, registra i cambiamenti e consente di recepire l’oralità, la plurivocità del respiro emozionale che scava, ma anche la piega dello scherno e il guizzo effervescente del grottesco che feriscono. Una polifonia che si manifesta in capitoli brevi che racchiudono una varietà di voci che non stridono tra loro ma si completano, armonizzandosi. Leggiamo così pagine cromatiche, rapide, descrizioni cadenzate e squarci di luce improvvisi che, in alcune occasioni, si trasformano in corti scenografici o in preziosi camei che spiccano per la loro ricchezza umana e simbolica.

Insomma, a mio avviso, chi scrive e chi narra riesce a parlare di sé con scoperta e dunque non edulcorata maniera, indagando, analizzando, svelando quel meno rassicurante e meno rassicurato, raccontando quel conflitto che abita nel suo corpo vivo, le sfide della gioia nella sregolatezza, l’impasse tra adolescenza e maturità, e lo fa in modo disarmante, suadente, provocante e acre allo stesso tempo, con una confidenza che sfiora la confessione e la corrispondenza amicale. Trapela da questo libro il desiderio di un’intimità profonda, ricercata, mai tradita, col lettore il quale, sbirciando nei sentimenti e nelle emozioni di chi scrive, si sgomenta per la familiarità e originalità ben riconoscibili dei fatti e delle reazioni che non può non condividere. L’io narrante, infatti, raccontandosi, sprigiona la sua realtà disponendo sulla pagina fatti e persone reali, il suo vissuto intricato, fervido di particolari, scrive e riflette su ciò che l’ha colpita soggettivamente, ma riconquista un’oggettività proprio nel momento in cui condivide tutto ciò con le riflessioni degli altri e sugli altri (sulle altre in particolare) in quello che diventa uno spazio di condivisione: della memoria del passato da un lato e dell’urgenza del presente dall’altro.

Costretta dentro una stanza d’ospedale, accanto a donne malate di diversa età e vitalità, Linda ridisegna uno spazio chiuso che contrasta con quello che all’improvviso si apre nei suoi occhi portandola a vagare per l’India, a rivivere incontri, a rivedere visi e persone, ma soprattutto spazi, sillabando uno spaccato che evoca la cadenza dei pensieri e delle immagini. Mima così anche il ruolo contrastato, positivo e oppositivo della famiglia, padre madre sorella, testimoni plurimi di un malessere che ha risvolti perturbanti oltre che vorticosi, provocando prima la fuga e segnando poi profondamente il ritorno in un processo faticoso e sofferto di riconoscimenti reciproci, complessi e forse mai risolutivi anche se il finale prova a illuderci in una soluzione salvifica e benefica, addolcita da una crostata con le fragole destinata però forse a restare sullo stomaco.

Il libro, a mio parere, rivela anche una suggestiva scansione e una cadenza con funzione, in qualche modo, di ascendenza terapeutica, connotata proprio dalla ripetizione dei paragrafi e delle scene, interne ed esterne.

Una tappa fondamentale per la scrittrice, credo, per lei ma anche per noi, perché le sue parole hanno l’espressività e il sapore svelati dentro e oltre gli occhi di Shiva  consegnandosi a chi le legge perché, nella fatica del cammino, ci si possa appoggiare alla riflessione rassicurante di Walt Whitman: “sono ampio, contengo moltitudini”.

«Maledetto Copernico».

                                                                                                   Saveria Chemotti

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