Tonino Guerra, il poeta del cinema e dei sogni. L’appello “Una poltrona per Tonino Guerra”

Tonino Guerra, il poeta del cinema e dei sogni  

di Anna Maria Geraci 

Un grido al mondo 

La nostra preoccupazione per gli altri  

ha finestre medioevali, così dalle nostre bocche  

escono soltanto piccole parole che cadono  

sui piedi come chiodi arrugginiti.  

Dobbiamo gridare parole grandi  

che valgano per tutti e siano piene d’acqua buona  

per le popolazioni, gli animali e le piante  

assetate, che diano movimento alle braccia ferme  

e senza gesti di mestieri, che siano cariche  

di attenzione per l’infanzia disperata:  

INSOMMA che non siano parole per questo uomo  

o per l’altro, né per questa pelle o l’altra,  

siano per l’umanità così da creare un grande  

SOGNO COLLETTIVO.  

[Pennabilli, 1° maggio 2000, Tonino Guerra]. 

Tonino Guerra (1920 – 2012 Santarcangelo di Romagna) è stato uno scrittore, poeta e sceneggiatore italiano, con più di centoventi film alle spalle. Ma anche attivista, artista, ma soprattutto aedo, un narratore, un autore dalla penna delicata, amante della natura, delle tradizioni contadine e difensore delle bellezze del creato.  

Nato a Santarcangelo di Romagna, vicino Rimini, Guerra ha collaborato con tutti i più grandi nomi dello spettacolo e del cinema nazionale e internazionale, fra cui Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Andrej Tarkovskij, Mario Monicelli, Theo Angelopoulos e Wim Wenders. Ha scritto versi indimenticabili e film che sono pietre miliari della cinematografia nazionale ed internazionale come Matrimonio all’italiana (De Sica, 1964), Amarcord (scritto insieme a Federico Fellini, 1975), Blow-Up (Antonioni, 1968), Nostalghia (Tarkovskij, 1980) e moltissimi altri.  

Guerra: «È bello sottolineare come, in fin dei conti, la grande quantità di registi con cui ho lavorato prendevano brandelli di me e questi brandelli nascevano sempre dalla poesia, quindi non è da dire che in modo totale io potevo stare, per esempio, accanto alle storie di Rosi ma potevo regalargli quel passo alto che hanno le persone che camminano a cinquanta centimetri da terra». [Fasanotti P. M., Tra il Po, il monte e la marina: I romagnoli da Artusi a Fellini, coll. Il cammello Battriano, Neri Pozza, Vicenza, 2017, p. 267]. 

Eppure, forse la maggior parte del grande pubblico italiano ricorda il nome di Tonino Guerra soltanto per un celebre spot dell’Unieuro dei primi Duemila, dove il maestro recitava l’arcinota frase, ormai vero e proprio mantra: «Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita!». Infatti, fra i suoi molti lavori e progetti, ha lavorato anche per la tv, in particolare per lo sceneggiato Storie dell’anno mille (1971), portato sul piccolo schermo, insieme a Luigi Malerba e Franco Indovina, con Carmelo Bene come protagonista, in un divertentissimo medioevo che strizza l’occhio a L’armata Brancaleone (1966). La saga di Millemosche, scritta con Luigi Malerba (Bompiani) è solo uno dei moltissimi racconti che possiedono la sua firma. Fra gli altri, quello più celebre è sicuramente L’aquilone, scritto con Michelangelo Antonioni (Maggioli, 1982). Ma le opere di successo di Guerra sono numerosissime, soprattutto quelle scritte in dialetto, come: I bu (Rizzoli, 1972), Il polverone (Bompiani, 1978), Il Miele (Maggioli, 1981) e Piove sul diluvio (Capitani, 1997). 

Il suo amore per le parole ha radici lontane. Durante gli anni della Seconda guerra mondiale, mentre Guerra era studente, viene catturato e deportato al campo di lavoro di Troisdorf, in Germania (1945) e, per tenere compagnia agli altri prigionieri, inventava poesie e racconti. Come la lirica La farfalla, scritta in dialetto santarcangiolese (Rimini), suo paese natio, un animale simbolo di bellezza e libertà che accompagnerà il poeta per tutta la vita in racconti, dipinti e sculture.   

La farfàla 

Cuntént própri cuntént 

a sò stè una masa ad vólti tla vóita 

mó piò di tótt quant ch’i m’a liberè 

in Germania 

ch’a m sò mèss a guardè una farfàla 

sénza la vòia ad magnèla. 

 

La farfalla 

Contento proprio contento 

sono stato molte volte nella vita 

ma più di tutte quando mi hanno liberato 

in Germania 

che mi sono messo a guardare una farfalla 

senza la voglia di mangiarla. 

 Dopo la traumatica esperienza inizia a scrivere e pubblicare i suoi lavori, poi i trasferisce a Roma per cercare successo. Dopo un decennio di ristrettezza economiche, finalmente la svolta di carriera negli anni Sessanta, con una serie nutritissima di premi e riconoscimenti da tutto il mondo. Fra questi citiamo: un Premio Oscar al miglior film straniero per Amarcord (1975, scritto insieme a Fellini); quattro David di Donatello (1981: Tre fratelli di Francesco Rosi, 1984: E la nave va di Federico Fellini, 1985: Kaos dei fratelli Taviani, 2010: David di Donatello alla carriera) e cinque Nastri d’Argento alla miglior sceneggiatura (1963: I giorni contati di Elio Petri, 1974: Amarcord di Federico Fellini, 1983: La notte di San Lorenzo dei fratelli Taviani, 1985: Kaos dei fratelli Taviani, 1991: Il male oscuro di Mario Monicelli).  

«La crisi dell’individuo di Guerra, malinconico e speranzoso, parte dalle radici del neorealismo e attraversa ogni genere, dalla commedia al cinema d’autore, passando, con disinvoltura, dai film di denuncia politica e impegno civico ai cartoni animati e le pubblicità dei primi anni Duemila. La formula del suo successo è semplice e autentica: la poesia, le immagini come simboli, la lentezza dei movimenti, la tenerezza per la terra, per ogni essere vivente e l’importanza del sogno. “Un confessore laico, un interlocutore evidentemente indispensabile a stimolare l’immaginario dei grandi visionari del cinema europeo”: così il critico e collega Cosulich sintetizza l’operato di Guerra in campo cinematografico». [Geraci A. M., Mangiare una farfalla: cinema e poesia di Tonino Guerra, Il Ponte Vecchio, Città di Castello, 2024, p. 90].  

I maggiori riconoscimenti vengono però dalla Russia, sua patria d’adozione, dove conoscerà la sua musa, traduttrice, e poi moglie, Eleonora Kreindlina (Lora Guerra). 

Tonino Guerra: «[…] La Russia è una terra che mi ha dato moltissimo, mi ha regalato il modo di capire e di inventare le cose. Mi ha riportato a dipingere, cosa che facevo da ragazzo. Mi ha fatto sentire la grande musica che non stava nelle mie orecchie. […] Mi ha ridato quel mondo in bianco e nero che io conservo nella memoria». [Guerra T., in Giannini R., Tonino Guerra – Il sorriso della terra, coll. I semi – I protagonisti delle culture materiali, Veronelli Editore, Bergamo, 2006, pp. 46-46]. 

Con lei, dopo il successo degli anni romani, negli anni Ottanta, ritorna prima a Santarcangelo, e poi si trasferisce a Pennabilli, nel Montefeltro, vicino San Marino. E ancora oggi, proprio Lora, dalla casa museo di Pennabilli, chiamata La casa dei mandorli, cura, custodisce e promuove la memoria di questo grande personaggio contemporaneo. «Bisogna creare luoghi per fermare la nostra fretta e aspettare l’anima» scriveva Tonino. Oltre Pennabilli, con il suo museo diffuso I luoghi dell’anima, altre località della zona vantano una chiara impronta guerriana, come ad esempio: Santarcangelo di Romagna, Cervia, Petrella Guidi, Riccione, Sant’Agata Feltria, Rimini e Ravenna, con una nutrita serie di fontane, installazioni, musei, targhe e altre opere d’arte collegate al pensiero ecologista, alla tutela della memoria contadina e della bellezza del passato.   

Si fa notte presto  

Adesso sto sempre in casa  

e sposto carte o guardo  

oltre i vetri della finestra  

le mandorle secche attaccate ai rami  

che arrivano fino quassù  

e sembrano pendagli alle orecchie  

di gente che non c’è più.  

O sto seduto su una sedia  

vicino al camino  

e si fa notte presto  

con la luce che cade dietro le montagne  

e io vado a letto con la voglia di sognare  

i giorni che nevicava a Mosca,  

e io ero innamorato. 

Oggi, a curare la sua memoria è l’Associazione Tonino Guerra, che promuove e gestisce periodicamente numerose iniziative, e il gruppo Facebook Tonino Guerra Per Sempre. Questo gruppo, recentemente, ha lanciato l’appello “Una poltrona per Tonino” e la raccolta firme per intitolargli una poltrona al Cinema Modernissimo di Bologna. Ecco la lettera: 

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